Su d:vision, label house del gruppo Energy Production, la coppia formata da Paul Harris e Steve Smith colleziona successi: da oltre vent’anni, svetta nelle classifiche di tutto il pianeta. La hit di fine anni Settanta degli Stretch, “Why Did You Do It”, smuove il terreno dei Dirty Vegas. Steve Smith spiega come è nato questo singolo.
“Per chi come noi frequentava i club alla fine degli anni ’80 e inizio ’90, capitava di ascoltare spesso l’originale. Abbiamo deciso di fare una nostra versione per inserirla nel nostro dj set”.
Tu e Paul (Harris) avete passato la maggior parte del 2017 lavorando a nuovo materiale per il nuovo album?
“Sì. Abbiamo in serbo delle grandiose novità per i prossimi mesi. Speriamo con l’occasione di poter tornare presto in Italia, amiamo davvero il vostro paese, il cibo, la vostra cultura. Tenete d’occhio i nostri social media, molto presto ci saranno novità su di noi”.
Il vostro sound sembra il risultato di diverse influenze.
“Sicuramente abbiamo ascoltato parecchia musica e sono tanti gli anni che ormai facciamo questo lavoro. In realtà, ci piacciono diversi generi: a volte è come cucinare, si tratta di scegliere quali ingredienti usare per avere il risultato migliore. Ci piace essere all’avanguardia, evolverci con la nostra musica e prendere il meglio delle nuove tendenze, spingendoci sempre un pochino oltre”.
Che musica suonate? E che musica ascoltate?
“Ovviamente è house ma adoriamo il cross-over: Purple Disco Machine o i Bicep. Nei nostri set cerchiamo di incorporare il più possibile queste superbe produzioni, c’è davvero tantissima scelta al momento. Quando siamo fuori dai club ascoltiamo di tutto: rock, pop, funk. Al momento sono molto preso dai Future Islands. Aggiungeremmo anche Liam Gallagher”.
https://youtu.be/lzqGcIy-lfo
Ci sono tantissimi artisti mainstream che collaborano con produttori di elettronica. Perché?
“È anche vero che i produttori oggi sono anche djs e il confine fra le due cose si è molto assottigliato da diversi anni a questa parte. Sicuramente la musica elettronica fa ormai parte della scena mainstream da almeno 10 anni, lo dimostrano le carriere di successo di nomi come Skrillex, David Guetta, Calvin Harris, vere e proprie pop stars ormai”.
Credete che gli artisti mainstream siano interessati a introdurre e sviluppare l’elettronica nella loro musica?
“Certamente e lo troviamo fantastico. Ai giorni nostri, vedere un set con Ableton direi che è normale quasi quanto veder usare una chitarra o una batteria. La tecnologia è diventata una parte fondamentale nel processo di creazione musicale in ambito popolare”.
Pensate che il vostro sound alterni mainstream ad underground?
“Abbiamo iniziato come dj, produttori e vocalist underground, abbiamo passato la maggior parte del tempo nei club. In ogni caso, queste componenti sono sempre state una parte essenziale della nostra musica. Quando sei con una major c’è un grande impatto, ma ti puoi perdere nel suo sistema, mentre se sei con una indipendente, puoi avere più attenzione ma i budget sono inferiori. Noi siamo stati molto fortunati: abbiamo avuto grandi soddisfazioni con entrambe queste realtà”.
Cosa ne pensate delle produzioni italiane e dei nostri produttori?
“Siamo sempre stati grandi fan dei nomi italiani. Da Claudio Coccoluto a Disco Stuff, da Sueno Latino a Jestofunk sino ad arrivare ad Alex Neri e ai Planet Funk. E poi Francesco Rossi, MHE, Federico Scavo, Luca Guerrieri, e Luca Carrera, Riva Starr”.
Altri nomi storici internazionali?
“Sasha, band come Bob Moses, oppure Black Coffee”.
Uno dei vostro pezzi preferiti?
“’Stop Bajon’ di Tullio de Piscopo: è un’incredibile sovrapposizione di sonorità e textures diverse. A suo tempo veniva suonato a Ibiza da dj come Alfredo”.
Quando suoni come dj, è naturale ritrovarsi in studio?
“Penso di sì. Per capire come si crea un particolare stile. A partire dalla metà degli anni ’90 ci siamo alternati fuori e dentro lo studio, un’esperienza meravigliosa. All’epoca non immaginavo che sarebbe stato possibile avere un home studio tutto nostro, ma nell’arco degli anni i prezzi sono scesi talmente tanto da rendere questo sogno possibile”.